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Economia

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Consumiamo ancora troppa plastica: colpa dell'acqua in bottiglia

In Italia, nel 2020, ne sono state vendute otto miliardi. La sostenibilità piace, ma il 59% non si fida del rubinetto. Eppure disponiamo di acquedotti tra i migliori d'Europa
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Cresce in Italia la sensibilità per i temi ambientali, ma ancora scarsa è l’adozione di comportamenti virtuosi individuali. Soprattutto in materia di acqua. Basti pensare che a fronte del 76% degli italiani che si dichiara pronto a ridurre il proprio utilizzo di plastica monouso, più della metà continua a consumare acqua minerale in bottiglia di Pet (polietilene tereftalato). A rivelarlo la ricerca condotta da Toluna per conto di Culligan International, società americana specializzata nel trattamento delle acque. Lo studio, effettuato nel mese di febbraio, ha analizzato gli stili di consumo in tema di acqua e sostenibilità nel 2020 in 11 Paesi.

Cambiare le vecchie e comode abitudini non sembra semplice. In base alla ricerca, il 59% degli intervistati preferisce ancora consumare acqua minerale in bottiglia a casa. La percentuale sale al 66% fuori casa. Eppure, il 60% dei rispondenti italiani è consapevole che l’abuso di oggetti in plastica monouso sia dannoso per l’ambiente. In particolare, il tasso di riciclo della plastica è pari al 29% sul totale della raccolta (Corepla 2020) mentre il resto continua a finire negli inceneritori o in discarica.

Un consumo quello di acqua minerale in bottiglia che è cresciuto proprio nell’anno della pandemia, complice l’emergenza sanitaria, con un +2% rispetto all’anno precedente. È così che l’Italia conserva il primato europeo per il consumo di acqua minerale, con ben otto miliardi l’anno di bottiglie acquistate (dati Gruppo Cap 2020). Decisamente meglio dell’Italia nel passaggio alla cosiddetta “acqua del sindaco” sono Olanda e Regno Unito dove, rispettivamente, l’83% e il 70% degli intervistati dichiara di prediligere l’acqua del rubinetto a casa propria. Quasi il 50% degli intervistati è comunque convinto che ‘acqua confezionata sia più sicura di quella del rubinetto.

Eppure, l’Italia vanta uno dei migliori acquedotti a livello europeo (Ricerca Irsa), strettamente regolato dal Decreto 31/2001 e soggetto a costanti controlli delle Asl che certificano la salubrità dell’acqua. Ma è la stessa legislazione comunitaria europea a garantire elevati standard di salubrità e di sicurezza, con una direttiva che quest’anno, a oltre 20 anni dall’introduzione della precedente, è stata ufficialmente aggiornata (direttiva Ue 2020/2184). Tra gli aspetti più rilevanti introdotti, le modifiche ai valori limite dei parametri di qualità dell’acqua potabile e l’inserimento di nuove sostanze precedentemente non tracciate, come i Pfas, gli interferenti endocrini e le microplastiche, conosciuti come inquinanti emergenti.

Per chiunque senta la necessità di migliorare ulteriormente le qualità organolettiche delle acque “casalinghe”, esistono in commercio sistemi in grado di eliminare l’odore di cloro, regolare la presenza di sali nonché refrigerare e addizionare l’acqua di anidride carbonica all’istante. Una pratica soluzione per rendere sostenibile il consumo di acqua.